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Lettera aperta di Don Felice Zaccanti

Lettera aperta per gli amici, le amiche di Cassina Amata e di Palazzolo.


Cari amici, carissime amiche, sono don Felice ormai nelle mura all’interno dell’Ospedale di Rho da alcune settimane senza uscirne. Ho la casa all’interno della struttura ospedaliera.

Qui in Ospedale ci siamo accorti della facilità di contagio e la presenza di alcune, persone con la malattia ma completamente asintomatiche, cioè non sanno di averla e la portano in giro. Per questa ragione alcuni reparti hanno completamente chiuso alla visita dei parenti per via di alcuni episodi di contagio. Questo è accaduto nei reparti “normali”, non Covid, con contagi provenienti dell’esterno del nosocomio.
La situazione è di estrema gravità e secondo il parere informale di alcuni medici, durerà nelle migliori delle ipotesi diversi mesi. Alcuni di noi metterebbero la firma, è la previsione più ottimistica, se si potesse riprendere la vita sociale con alcune limitazioni nel mese di settembre ma preghiamo perchè vi sia una grazia.
Giro anche i reparti Covid, qui ne abbiamo due. È la malattia che lascia soli. Si muore da soli. I parenti non possono vedere il loro caro durante il ricovero e nel caso di decesso neanche per un saluto perché sono stati messi in quarantena.
Mi è capitato di fare delle benedizioni di defunti a causa del Covid in diretta via “WhatsApp” con i parenti. Il funzionario delle pompe funebri teneva il smartphone con il quale riprendeva e i parenti assistevano e rispondevano guardando il tutto da casa dal loro smartphone.
La Camera Mortuaria spesso è piena di feretri, la maggioranza già chiusi per via del Covid dove la salma viene messa in un sacco anti contagio per poi venire sigillata nel feretro. Un giorno il numero era talmente grande da riempire anche la saletta dove vi sono le macchine per il caffè, li solo ve ne erano cinque.
Nei reparti, nella saletta dove si indossano i dispositivi di protezione personale (i famosi DPI: guanti, cuffia, camice sul quale mi scrivono in stampatello don Felice, sovra scarpe, maschera FFP2), in questa saletta all’ingresso di uno dei reparti Covid, ho trovato un’infermiera che piangeva. “Non si può fare nulla, ti distrugge dentro” diceva. Un’altra, giunta in quel momento, dice che piange a casa ogni volta prima di venire in Ospedale.

So che dall’esterno è difficile captare la reale emergenza in cui tutti siamo immersi, me ne sono reso conto anche da alcune domande che mi fanno, del genere: “il 5 aprile riprendono le Messe?” o “fra poche settimane riaprono le scuole?” o simili.
Siamo in una gravissima emergenza.

È come essere entrati in un tunnel dove non si vede l’uscita. Non si sa quando, non si sa come ma vedremo l’uscita, ne usciremo assieme, uniti, profondamente cambiati dentro.
Maria, Salute degli Infermi, prega per noi.

li 29 marzo 2020, Domenica di Lazzaro.
don Felice

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